Miracolo a Sant’Anna

Spike Lee

“Miracolo a Sant’Anna” accolto dalle polemiche

 

Spike Lee nel suo ultimo film Miracolo a Sant’Anna (nelle sale il 3

ottobre) racconta l’Italia del 1944, tra l’avanzata delle truppe alleate, la

Resistenza italiana e le violente offensive dei tedeschi. Nel film prende di

mira anche i partigiani, che protesteranno apertamente domani alla prima

del film a Viareggio: “Non sento di dovermi scusare con nessuno. Ci sono

tante questioni ancora aperte in Italia a proposito della seconda guerra

mondiale, è chiaro che anche quello della lotta partigiana è un capitolo

non risolto. Poi bisogna sottolineare che i partigiani non erano amati da

tutti gli italiani: facevano quello che dovevano fare e poi si nascondevano

sulle montagne, lasciando i civili a subire le reazioni dell’esercito tedesco”.

 

Breve cronaca di un eccidio

I primi di agosto 1944, Sant’Anna di Stazzema era stata qualificata dal comando

tedesco “zona bianca”, ossia una località adatta ad accogliere sfollati: per questo la

popolazione in quell’estate aveva superato le mille unità. Inoltre, sempre in quei

giorni, i partigiani avevano abbandonato la zona senza aver svolto operazioni

militari di particolare entità contro i tedeschi. Nonostante ciò, all’alba del 12 agosto

’44, tre reparti di SS salirono a Sant’Anna, mentre un quarto chiudeva ogni via di

fuga a valle, sopra il paese di Valdicastello. Alle sette il paese era circondato.

Quando le SS giunsero a Sant’Anna, accompagnati da fascisti collaborazionisti che

fecero da guide, gli uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere

deportati, mentre donne vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro, in

quanto civili inermi, restarono nelle loro case.

In poco più di tre ore vennero massacrati 560 innocenti, in gran parte bambini,

donne e anziani. I nazisti li rastrellarono, li chiusero nelle stalle o nelle cucine delle

case, li uccisero con colpi di mitra e bombe a mano, compiendo atti di efferata

barbarie. Infine il fuoco, a distruggere e cancellare tutto. Non fu rappresaglia, non fu

vendetta. Come è emerso dalle indagini della Procura Militare della Spezia, si trattò

di un atto terroristico, di una azione premeditata e curata in ogni minimo dettaglio.

L’obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per

rompere ogni collegamento fra le popolazioni civili e le formazioni partigiane

presenti nella zona.

La ricostruzione degli avvenimenti, l’attribuzione delle responsabilità e le

motivazioni che hanno originato l’Eccidio sono state possibili grazie al processo

svoltosi al Tribunale militare della Spezia e conclusosi nel 2005 con la condanna

all’ergastolo per dieci ex SS colpevoli del massacro; sentenza confermata in

Appello nel 2006 e ratificata in Cassazione nel 2007. Nella prima fase processuale

si è svolto, grazie al Pm Marco de Paolis, un imponente lavoro investigativo, cui

sono seguite le testimonianze in aula di superstiti, di periti storici e persino di due

SS appartenute al battaglione che massacrò centinaia di persone a Sant’Anna.

Fondamentale, nel 1994, anche la scoperta avvenuta a Roma, negli scantinati di

Palazzo Cesi, di un armadio chiuso e girato con le ante verso il muro, ribattezzato

poi “Armadio della vergogna”, poiché nascondeva da oltre 40 anni documenti che

sarebbero risultati fondamentali ai fini di una ricerca della verità storica e giudiziaria

sulle stragi nazifasciste in Italia nel secondo dopoguerra.

Il 19 agosto, varcate le Apuane, le SS si spingevano in comune di Fivizzano

(Massa Carrara), seminando la morte fra le popolazioni inermi dei villaggi di Valla,

Bardine e Vinca, nella zona di San Terenzo. Nel giro di cinque giorni uccidevano

oltre 340 persone mitragliate, impiccate, addirittura bruciate con i lanciafiamme.

Nella prima metà di settembre, con lo sconfino del massacro di 33 civili a Pioppetti

di Montemagno, in comune di Camaiore (Lucca), i reparti delle SS portavano avanti

la loro opera nella provincia di Massa Carrara. Sul fiume Frigido venivano fucilati

108 detenuti del campo di concentramento di Mezzano (Lucca), e per finire a

Bergiola e a Forno i nazisti facevano circa 200 vittime. Avrebbero continuato la

strage con il massacro di Marzabotto.

 

da Wikipedia